Giornata della Terra: 58% giovani fa educazione ambientale a scuola

    Il 22 aprile si celebra la Giornata della Terra. Molto sensibili a questo tema sono i giovani. Una indagine svolta da Skuola.net su 3500 studenti di medie e superiori ha rivelato che il 58% ha affrontato l’argomento della cura del nostro ecosistema a scuola. Tra questi 8 su 10 si sono detti entusiasti del fatto di averne potuto parlare con i professori. Addirittura, quasi la metà ha cambiato modo di pensare dopo le lezioni di educazione ambientale: il 19% ha assunto uno stile di vita più sostenibile, il 25% ha modificato il proprio punto di vista sulle questioni ecologiche.

    Le scuole cercano di dare il loro contributo alla causa. Tre studenti su quattro dicono che nelle loro scuole è stata attivata la raccolta differenziata dei rifiuti nei locali scolastici, anche se lo smaltimento delle mascherine viene gestito dalla scuola solo in 1 caso su 4. Ad oggi, dunque, quasi 6 ragazzi su 10 hanno svolto almeno un paio di lezioni di educazione ambientale in classe (reale o digitale che sia) con ottimi risultati. Gli studenti si chiedono che cosa riceveranno dai loro padri.

    La scuola informa. L’85% afferma di avere ricevuto, almeno in parte, nuove informazioni importanti che prima non conosceva. Tra i temi maggiormente affrontati a lezione, sia in presenza che in Dad: cambiamenti climatici e inquinamento (48%), alimentazione e stili di vita sostenibili (17%), risparmio energetico (10%), conoscenza dell’ecosistema (8%), raccolta differenziata e riciclo (5%). Non manca fra gli studenti chi ha notato che, con i problemi e le difficoltà che hanno dovuto affrontare le scuole durante la pandemia, i docenti hanno forse dato meno attenzione rispetto al passato a questi approfondimenti (26%). Comunque, tra chi ancora non ha avuto la possibilità di svolgere lezioni di questo tipo (si tratta del 42% del campione totale), il 34% sostiene che almeno entro la fine dell’anno scolastico saranno affrontati temi legati alla sostenibilità nell’ambito dell’educazione civica.

    Studiamo a scuola l’educazione ambientale. Lo chiedono gli studenti. La voce di quella parte di studenti che non ha svolto lezioni dedicate all’ambiente, infatti, si fa sentire forte e chiara: il 76% sarebbe deluso se non fossero recuperate da qui a giugno. Il problema di questa assenza non è dovuto, secondo la maggioranza degli studenti, a una ragione precisa (così sostiene il 67%). Molti, tuttavia, lamentano il fatto che i professori vogliono concentrarsi solo sulla propria disciplina, senza ammettere “distrazioni” (20%), o che, se hanno tempo in più, preferiscono parlare d’altro (5%). C’è chi sostiene ancora che per via delle chiusure, la scuola sta dando precedenza a finire i programmi (7%). A conti fatti, solo per l’1% degli studenti sono i ragazzi a non avere interesse per la materia.

    Un solo neo: dove buttare le mascherine? Il 75% degli intervistati sottolinea come nel proprio istituto siano presenti i bidoni per la raccolta differenziata. E nel 96% dei casi gli alunni (29% tutti o quasi tutti, 42% la maggior parte, 25% una parte ridotta) collaborano fattivamente per separare i vari tipi di rifiuti. Unico neo, da parte delle scuole, riguarda lo smaltimento delle mascherine: il 61% degli studenti deve farlo da sé, perché non esistono contenitori appositi. Presenti invece per 1 su 4. Solo il 15% le butta “dove capita”.

    Perchè la natura ci fa star bene. La prof. Petruso sostiene nel suo articolo che in campagna si sta meglio perchè si tende e fare più sport. «Nell’arco degli anni – scrive nel suo articolo il prof. Vincenzo D’Avino – abbiamo scoperto molte verità sconvolgenti su uno dei peggiori disastri nucleari industriali della storia. Le conseguenze dell’esplosione del quarto reattore  del 26 aprile 1986 presso la centrale nucleare di Černobyl’, nell’allora Repubblica Socialista Sovietica Ucraina».

    «Un antico proverbio indiano ricorda che gli uomini non hanno ricevuto la terra in eredità ma in affidamento, perché possano averne cura e lasciarla alla tutela di quanti, dopo di noi, si troveranno a viverci» ecco quanto scrive nel suo contributo Antonietta Luppino.