Esistenzialismo

In un mondo abitato da infinite possibilità, nessuno può insegnarci quale sia la scelta migliore per noi stessi. Ogni giorno, ancor prima di diventare adulti, siamo chiamati a esprimerci su ogni cosa e a compiere una scelta senza che ci venga indicata da qualcuno una via maestra.

La crisi del mondo contemporaneo ci porta sempre più verso uno spaesamento, a una condizione in cui non si hanno certezze assolute e insieme le nostre azioni diventano fondamentali per sostenere la nostra realtà.

La scelta in quanto tale definisce l’essenza del singolo, definisce l’uomo. Non è una semplice manifestazione della personalità, bensì un atto razionale, il momento in cui l’individuo concretizza il proprio giudizio. Lo stesso concetto di scelta è stato approfondito e affrontato da numerosi filosofi e scrittori, da Aristotele a Heidegger. Ognuno di loro ha riportato nelle proprie riflessioni quanto l’uomo sia definito dalla possibilità di scegliere. Per Aristotele, ad esempio, la scelta è un mezzo per realizzare il bene; per Heidegger è una condizione esistenziale che coinvolge tutti.

Un filosofo che si è ampiamente interrogato su questo aspetto è il danese Søren Kierkegaard, considerato dai più il vero e proprio padre dell’esistenzialismo.

Kierkegaard, (1813-1855) nato a Copenaghen e ultimo di sette fratelli, cinque dei quali vide morire in tenera età, ricevette un’educazione rigida che aiutò a formare il suo carattere malinconico e riflessivo. Il filosofo lavorò furiosamente per salvare se stesso e per sfuggire alla propria instabilità, alla propria disillusione, producendo quindici opere prima di morire all’età di soli 44 anni. Kierkegaard compose testi di straordinario valore umano, filosofico e poetico, che si opposero alla trascendentalità del pensiero moderno. Si occupò di molti argomenti, dalla religione all’etica, alla psicologia, ampiamente sviscerati nelle sue opere più celebri, Il concetto dell’angosciaLa malattia mortale e Aut-aut. Fu un grande indagatore dell’interiorità umana e proprio sulla scelta focalizzò buona parte del proprio pensiero, ritenendo che l’esistenza umana si trovi perennemente in bilico tra due abissi: l’angoscia e il libero arbitrio.

Kierkegaard possedeva un temperamento scontroso: era brillante, cupo, ansioso, spesso spiritoso, ma poco socievole. Gli unici momenti rilevanti della sua vita sociale furono legati al suo fidanzamento con Regine Olsen, figlia di un membro del parlamento danese, nel settembre del 1840. Kierkegaard, posto davanti alla condizione di doversi sposare, tuttavia, ebbe dei ripensamenti basati sulla propria personalità complessa e riflessiva. Sebbene nutrisse sentimenti genuini per Regine, si accorse di quanto forte fosse la propria vocazione alla filosofia, tanto da renderlo inadatto alla vita matrimoniale. Il principale dubbio di Kierkegaard sulla scelta del matrimonio nasceva dalla sua malinconia: sentiva che la sua grave depressione ostacolava la sua capacità di amare e lo rendeva inadatto al matrimonio e che la vita solitaria sarebbe stata più favorevole alla sua indole. Kierkegaard visse in prima persona la difficoltà di compiere una scelta e, ovunque si voltasse, vedeva incompatibilità intollerabili e scelte impossibili, una consapevolezza che lo condusse a una memorabile esplosione, raccolta in Aut-aut: “Sposati, te ne pentirai; non sposarti, te ne pentirai anche; o che ti sposi o che non ti sposi, ti penti d’entrambe le cose… Questa, miei signori, è la somma della scienza della vita!”

In Aut-aut Kierkegaard postula e rivoluziona il senso della scelta: la sua possibilità è un ciclone che possiede l’uomo, illuso al contrario di poterla dominare; la libertà descritta dal filosofo nasce come affermazione abissale e lacerante dell’io. L’uomo, come singolo, vive la propria libertà di scelta con terrore e apprensione: esiste un legame, un fil rouge che unisce libertà e terrore e che trova la sua espressione massima nella figura di Adamo. Secondo Kierkegaard, infatti, la storia di Adamo è un’allegoria che rappresenta l’essere umano di fronte alla libertà di scelta, una libertà radicale. Adamo sa che potrebbe non ubbidire ai divieti di Dio (e infatti non lo farà) ed è questa possibilità a produrre in lui un’angoscia terribile. L’angoscia che opprime l’uomo sorge quindi come reazione alla consapevole libertà di poter scegliere di fronte a un’infinità di opzioni possibili, che possono rivelarsi favorevoli o sfavorevoli. L’uomo è infatti la diretta conseguenza delle proprie scelte e crea arbitrariamente la sua etica, diventando responsabile di ciò che compie.

Kierkegaard ci ha insegnato quanto sia difficile scegliere e quanto l’uomo resti relegato al suo fallimento, figlio della possibilità dell’io, e alle sue illusioni come la fede nella famiglia, la fiducia nel lavoro o l’attaccamento all’amore. C’è sempre qualcosa che tormenta l’uomo, una contraddizione perenne, una scelta che implica un’immensità di mondi potenziali che non saranno mai attuali e da tale tormento deriva una disperazione che determina l’esistenza. Il concetto di disperazione si basa su un disordine spirituale, sulla volontà dell’io di essere o non essere se stesso: l’uomo, secondo il filosofo danese, rifiuta se stesso perché è consapevole di essere finito, di non poter essere come Dio, infinito e infallibile, capace di poter operare la scelta migliore per se stesso. L’eventualità di sbagliare tiene l’uomo in bilico tra lo scegliere e il non farlo, tra inquietudine e consapevolezza.

Il pensiero di Søren Kierkegaard assume una connotazione ancora più inquietante e struggente nell’epoca frenetica in cui viviamo. Davanti all’infinità di possibilità, stimoli, passioni e doveri che affrontiamo quotidianamente ci sentiamo spesso soli e sperduti, schiavi del timore di fallire e incapaci di percorrere una strada chiara e univoca. La riflessione di Kierkegaard è capace di conferire valore a un atto che è il compagno inseparabile di ogni uomo, il fondamento che dà valore e definisce la vita stessa. Scegliere può essere drammatico e doloroso, può spaesarci, renderci soli e allontanarci dal resto del mondo, ma è l’unico modo, l’unica strada che ci porta a diventare quel che siamo.